IL FUTURO DELL’EUROPA

L’Europa vive nella negazione della propria identità. Le ragioni stesse per cui era nata, uguaglianza e pace, ora creano imbarazzo se vengono tirate in ballo nel dibattito politico. L’articolo di Ferrajoli in vista del Convegno Internazionale

L’Europa vive nella negazione della propria identità. Le ragioni stesse per cui era nata, uguaglianza e pace, ora creano imbarazzo se vengono tirate in ballo nel dibattito politico. L’articolo di Ferrajoli in vista del Convegno Internazionale

 

L’Europa sta negando se stessa. L’Unione europea è nata su due fondamenti, l’uguaglianza e la pace: per porre fine ai razzismi, ai campi di concentramento e, soprattutto, alle guerre. Entrambi questi fondamenti stanno oggi venendo meno. E’ questa la prospettiva che dovrebbe essere presente, ma che è totalmente assente, nell’attuale campagna per le elezioni europee.

Innanzitutto l’uguaglianza. La disuguaglianza è in aumento in tutta Europa e soprattutto in Italia, dove la povertà assoluta è triplicata negli ultimi 15 anni, mentre è più che raddoppiato il numero dei miliardari. Ma sono le leggi in materia di immigrazione – le odierne leggi razziste – che stanno mostrando il riemergere in Europa di un’antropologia della disuguaglianza, alimentata da perverse ossessioni nazionaliste e identitarie. L’Europa ha un debito enorme nei confronti del resto dell’umanità. Per secoli, proprio in nome del diritto di emigrare da essa rivendicato a fondamento delle sue conquiste e colonizzazioni, gli Stati europei hanno invaso, occupato, dominato, depredato e sfruttato gran parte dei paesi del mondo. Oggi che l’asimmetria si è ribaltata e sono i disperati della terra che fuggono da quegli stessi paesi ridotti in miseria, l’esercizio di quel diritto si è trasmutato in delitto. Militarizzazione dei confini, penalizzazione dei soccorsi in mare, sequestro dei migranti finché non ne avvenga il rimpatrio o l’accoglimento delle domande d’asilo, hanno blindato la fortezza Europa, dove è riapparsa la figura della “persona illegale”, clandestina o detenuta unicamente per ragioni di nascita. A causa dell’apartheid dei poveri del pianeta, il genere umano è spaccato in due: un’umanità che viaggia liberamente nel mondo, per turismo o per affari, e l’umanità dei sommersi e degli esclusi, costretti dalla miseria e dalla fame a terribili odissee, fino a rischiare la vita nel tentativo di arrivare in Europa dove sono destinati a detenzioni illegittime o a sfruttamenti come non-persone.

L’altro valore fondante dell’Europa, la pace, è scomparso dall’orizzonte delle politiche europee, proprio nel momento forse più drammatico della storia umana. Con incredibile leggerezza e irresponsabilità, i governanti europei stanno parlando, da qualche mese, di una possibile guerra tra la Nato e la Russia, che ovviamente rischierebbe di degenerare in un conflitto nucleare e nella devastazione dell’intero continente. Frattanto l’Onu sta manifestando tutta la sua impotenza, non riuscendo neppure a ottenere la cessazione del fuoco e del massacro disumano nella disgraziata striscia di Gaza. Sta inoltre crescendo, in Europa, un clima di guerra velenoso, segnato dall’intolleranza settaria dei governi e di gran parte dei media per qualunque opzione pacifista. Si sta giocando col fuoco. L’intero Consiglio europeo di due mesi fa ha concordato sulla necessità di sconfiggere la Russia e, in vista di una guerra, di accrescere spese militari e armamenti come se quelli esistenti non fossero sufficienti a distruggere più volte il genere umano.

Di fronte a questa follia, Costituente Terra ha organizzato, per domani 23 maggio presso l’Università di Roma Tre, un convegno dedicato alla pace, al quale papa Francesco ha inviato il bellissimo messaggio qui pubblicato. Discuteremo a tal fine della necessità di stipulare le garanzie della pace, oggi assolutamente mancanti. Queste garanzie non possono limitarsi ai tanti trattati di non proliferazione nucleare, sistematicamente violati o inattuati. E’ necessaria una rifondazione della carta dell’Onu che stabilisca, nell’interesse di tutti, il disarmo totale degli Stati, la messa al bando delle armi, non solo di quelle nucleari ma di tutte le armi da sparo, e l’abolizione di tutti gli eserciti nazionali, auspicato da Kant più di due secoli fa. Sembra un’utopia, ma è la sola ipotesi realistica e razionale, letteralmente nell’interesse di tutti. Eserciti e apparati militar-industriali, come dichiarò Eisenhower alla fine del suo mandato presidenziale, sono la costante, mortale minaccia alla democrazia e alla pace. Per questo la produzione, il commercio e la detenzione di armi dovrebbero essere previsti come crimini. Ma a tal fine dovrebbe crescere, nel senso comune, il banale riconoscimento di una corresponsabilità morale, in ogni guerra e in ogni assassinio, delle grandi imprese produttrici di armi. Giacché è da questi produttori di morte che sono armati eserciti, associazioni criminali, bande terroristiche e assassini.

D’altro canto la pace non è solo fine a se stessa. E’ anche la condizione di un dialogo tra le grandi potenze in ordine alle tante altre sfide globali che minacciano l’umanità: dal riscaldamento climatico alla crescita delle disuguaglianze e della povertà, dallo sfruttamento del lavoro al dramma dei migranti. Queste catastrofi possono essere impedite solo dalla costruzione di una sfera pubblica globale e di istituzioni di garanzia alla loro altezza, quali proverrebbero dalla stipulazione di una Costituzione della Terra. Ma è solo in un clima di pace che può maturare la consapevolezza dell’esistenza di pericoli a tutti comuni, che richiedono l’accordo di tutti su risposte globali e comuni, nell’interesse di tutti, inclusi i potenti, alla convivenza e alla sopravvivenza.

Luigi Ferrajoli

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