INVERTIRE IL CORSO DELL’EUROPA VERSO NUOVI PATTI DI PACE

Un commento sulla lettera scritta da alcuni vescovi in vista delle elezioni europee, la quale è ispirata dal desiderio di sentire l’Unione Europea “vicina e amica”, e ci ammonisce sul decorso allarmante verso politiche europee sempre più contraddittorie e oppressive

Giuseppe Deiana

Un commento sulla lettera scritta da alcuni vescovi in vista delle elezioni europee, la quale è ispirata dal desiderio di sentire l’Unione Europea “vicina e amica”, e ci ammonisce sul decorso allarmante verso politiche europee sempre più contraddittorie e oppressive

Giuseppe Deiana

Si tratta di una lettera firmata dal card. Matteo Zuppi presidente della CEI e dall’arcivescovo Mariano Crociata presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea (COMECE) (“Avvenire”, 8 maggio 2024). Una lettera confidenziale e paternalistica (“Cara Unione Europea, darti del tu è inusuale, ma ci viene naturale perché siamo cresciuti con te”) che, citando Papa Francesco, invita la “madre Europa” a ritrovare le sue radici di vita e di fede nel segno di un “nuovo umanesimo” come “cammino di umanizzazione” fondata su una “sana e umana utopia”. Un’utopia che ha ispirato i padri fondatori: i “tre grandi uomini” Robert Schuman, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi, “animati da fede cristiana” (Non viene citato il socialista Paul-Henri Spaak).

La lettera è ispirata dal desiderio di sentire l’Unione “vicina e amica”; non quindi matrigna, ma benigna nel senso “che il destino è comune e che bisogna continuare a costruire un’Europa unita” attuando solidi percorsi e “nuovi patti di pace”. Questo a cominciare dalla necessità di porre termine alla guerra contro l’Ucraina e quella in corso in Medio Oriente, assecondando il monito della Costituzione italiana che impone il ripudio della guerra, e coltivando gli ideali comuni come antidoto alle tentazioni nazionaliste e populiste. Da ciò l’impegno a riconoscersi nelle “due appartenenze: quella nazionale e quella europea” che si legano reciprocamente, come “Unione di Paesi liberi e sovrani che rinunciano a parte della loro sovranità a favore di una, comune, più forte”.

Perciò, risulta evidente il nesso tra fede cristiana e valori europei che impegnano a “costruire un’Europa centrata sulla persona e sui popoli”: sia attraverso “politiche effettive per la natalità e la famiglia” che incoraggino la crescita demografica, sia dando ospitalità ai migranti che cercano entro i confini dell’Europa una vita migliore “alla ricerca disperata di un futuro”. Si tratta di una realtà che impone il dovere di attuare un partenariato tra i Paesi mediterranei e africani, come qualità politica di un’Unione intesa come soggetto sovranazionale capace di tessere relazioni internazionali promuovendo “il comune progresso sociale ed economico nel segno dell’amicizia e della fraternità”. A questo si accompagnano altri compiti e altre sfide, su cui costruire un nuovo grande rilancio del cammino dell’Unione “verso un’integrazione sempre più piena”.

La lettera accenna ai temi più importanti senza entrare nel merito: un fisco europeo equo; una politica estera autorevole; una sicurezza e difesa comune nel segno della responsabilità internazionale; un processo di allargamento ai Paesi richiedenti; un’innovazione economica e tecnologica con particolare riferimento alla transizione digitale (intelligenza artificiale). Inoltre, la cura dell’ambiente come casa comune; la salvaguardia del welfare; la tutela dei diritti individuali e sociali per rispondere alle minacce e alle paure che incombono sulla vita concreta dei cittadini. Ciò anche in relazione al limite intrinseco dell’UE, costituito dal suo essere informata all’ordoliberismo, al “principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza”, le cui politiche hanno provocato effetti sociali negativi e una disaffezione anche in Paesi molto europeisti come l’Italia.

Sono le principali sfide che si possono affrontare evitando i pericoli della disinformazione sistematica e le ostilità dei populismi autoreferenziali. Perciò, l’importanza delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo in vista della prossima legislatura, 2024-2029. Un fatto di democrazia che si compie con “un gesto civico di partecipazione alla vita e alla crescita dell’Unione”, come segno di responsabilità che esclude tassativamente l’astensionismo e l’assenteismo, per il loro “effetto di accrescere la sfiducia, la diffidenza degli uni nei confronti degli altri, la perdita di possibilità di dare il proprio contributo alla vita sociale, e quindi la rinuncia ad avere capacità e titolo per rendere migliore la stare insieme nell’Unione Europea”.

In questo senso, “insieme alle riforme istituzionali democraticamente adottate, c’è bisogno di far crescere un sentire comune, un apprezzamento condiviso dei valori che stanno alla base della nostra convivenza nell’Unione Europea. Ci vuole un nuovo senso della cittadinanza, un senso civico di respiro europeo, la coscienza dei popoli del continente di essere un unico grande popolo. Ne siamo convinti: è innanzitutto questo senso di comunità di cittadini e di popoli che ci chiedi di fare nostro, cara Europa”. Un’Europa che deve recuperare un’anima e non essere solo un apparato burocratico lontano dalle difficili condizioni di vita dei cittadini (aggravate dalla crisi economico-finanziaria iniziata dal 2008-2009, dalle conseguenze della pandemia e della guerra tra Russia e Ucraina), che favoriscono i rigurgiti nazionalisti e sovranisti nel segno della “orbanizzazione” antieuropea (Gruppo di Visegrád).

L’appello della CEI e della COMECE esprime bene il senso d’urgenza delle elezioni come occasione del rilancio dell’Unione Europea che, pur nei suoi limiti ancora non colmati, rappresenta l’esperimento politico di unione sovranazionale unico al mondo. Limiti che la lettera non analizza specificamente (integrazione politica, sociale e culturale), limitandosi a promuovere il “risveglio di entusiasmo” sia dei candidati sia dei cittadini, per difendere i valori della democrazia (come ripetutamente sostenuto dal presidente Mattarella). Il limite più importante della lettera-appello è che non arriva a sostenere che l’Europa dei cittadini si costruisce soprattutto con la realizzazione di un’Unione federale nella forma degli Stati Uniti d’Europa, propedeutica alla Federazione della Terra.

É l’obiettivo che impegna la Commissione europea, il Parlamento europeo e soprattutto il Consiglio europeo alla realizzazione della riforma dei Trattati (con particolare riferimento al superamento della regola del voto all’unanimità a favore del metodo della maggioranza qualificata per evitare la paralisi), compresa la ripresa del progetto di Costituzione europea (già approvata dall’apposita Convenzione, nel 2003-2005, da parte tredici Stati dell’Unione su quindici, ma non entrata in vigore perché bocciata dal referendum della Francia e dell’Olanda). Un progetto che ha buone basi di partenza nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Carta di Nizza, 2001-2007) e nel Trattato di Lisbona (2007-2009).

È l’Europa che vogliamo per il futuro, senza le divisioni dei nazionalismi e dei sovranismi, entro la “casa comune” in cui imparare a vivere da “Fratelli tutti”, nello spirito della “riconciliazione tra i popoli e la cancellazione degli odi e delle vendette”. “Cara Unione Europea, sei un organismo vivo, perciò forse viene il momento per nuove riforme istituzionali che ti rendano sempre più all’altezza delle sfide di oggi” nel segno del progresso e della pace. È il compito della prossima decima legislatura che si aprirà dopo le elezioni del giugno 2024 per il rinnovo del Parlamento europeo e per il rilancio di un’Unione sottoposta a decisive riforme per diventare parte attiva e fondamentale nella geopolitica globale, nella prospettiva realistica di una Costituzione mondiale che istituisce la Federazione della Terra.

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